venerdì 5 dicembre 2014

Il cappello a punta nell'abbigliamento femminile / The bycocket in women's garb

- Il cappello a punta: un copricapo molto diffuso
1a metà XIV sec, Bologna.
San Pietro benedicente e donatore in
veste di pellegrino da (Fondazione Zeri) /
1st half of 14th century, Bologna.
Blessing Saint Peter and donor, 
1338-1340 Ambrogio Lorenzetti,
Siena: Allegoria dell'Inverno
Allegory of Winter
Il “cappello a punta”, di una foggia così diffusa nel Trecento e dal nome così sfuggente, è da tempo diffuso nel mondo della rievocazione come accessorio maschile, ma  la sua popolarità anche come accessorio femminile è in crescita.In mancanza di documentazione di un termine italiano coevo per designare questo cappello, mi limiterò a chiamarlo “cappello a punta”, ricordando che in inglese è anche chiamato “bycocket” e che in francese può essere definito anche “chapel à bec” (non serve ricordare che nell’immaginario collettivo è “il cappello di Robin Hood”). Le attestazioni di questo tipo di cappello, indossato da personaggi maschili, sono estremamente numerose nell’iconografia trecentesca (ne potete vedere alcune su Larsdatter). Sembra essere particolarmente frequente nella rappresentazione di scene di caccia (ne parlano qui gli amici di Exploring the Medieval Hunt) ma compare anche come elemento ricorrente nelle scene di viaggio: è infatti il tipico cappello da pellegrino, a volte decorato dalla conchiglia, ed è spesso indossato da personaggi ritratti in climi avversi o piovosi. Sono forse meno frequenti, ma non assenti, le scene in cui questo cappello completa un abbigliamento elegante (particolarmente presenti nel Tacuinum Sanitatis di Pavia o Milano, Nouvelle acquisition latine 1673), a volte arricchito da inserti in stoffe contrastanti o piume.

- The pointed hat: a very common headwear
Theatrum Sanitatis: Ms.4182 tav.129
Scena di caccia / Hunting scene
Nouvelle acquisition latine 1673,
fol. 20: abbigliamento elegante con
cappello a punta / elegant clothing
with bycocket. 
The “pointed hat” it’s very common in the 14th century and has also a very elusive name: it’s been a well known male headwear in re-enactment for a while, but its popularity as a female accessory it’s growing more and more. Lacking period documentation of a proper Italian name for this hat, I will call it “cappello a punta” (pointed hat), but remember in English is also called “bycocket” and in French “chapel à bec” (it’s not necessary to remember that it’s commonly called “the Robin Hood hat”). There are many examples of male characters wearing this kind of hat in 14th century figurative art (you can find some here on Larsdatter). It seems very common in hunting scenes (my friends from Medieval Hunt talk about it here) but appears also in travelling scenes: it’s actually the typical pilgrim hat, sometimes decorated with the shell, and it’s also worn commonly by characters represented in bad weather conditions. Probably are less frequent, but not totally absent, scenes where this hat comes with elegant clothing (expecially in the Tacuinum Sanitatis from Pavia or Milan, Nouvelle acquisition latine 1673), sometimes decorated with contrasting fabric inserts or feathers.

- Il cappello a punta nell’abbigliamento femminile
1336-41, Buffalmacco, Anacoreti nella Tebaide, Pisa
Cosa dire invece dell’uso del cappello a punta da parte delle donne? Da quanto è emerso dall’iconografia e da studi precedenti, sembra che questo cappello fosse utilizzato dalle donne in circostanze ben precise. L’unica analisi in un testo di storia del costume che ho potuto individuare è quella di R. L. Pisetzky (Storia del Costume in Italia, vol. II, 1964-69, p. 118) che, a proposito dei copricapi femminili, dice:
 “Spesso sopra il cappuccio, quando non è foderato di pelliccia, e anche su altre acconciature, le donne come gli uomini portano, in viaggio o cavalcando, il pesante cappello a tese rialzate”
 e rimanda alla tavola illustrata 54, dove commenta l’affresco pisano degli “Anacoreti nella Tebaide”: 
“la bizzarria sgarbata del cappello maschile, a cupola alta e a tese risvoltate – usato anche dalle donne, di solito in viaggio o per cavalcare – acquista un fascino ambiguo, accompagnato dal soggolo trasparente, in capo alla bella ignota che nello sguardo tentatore, ancor più che nelle zampe artigliate, rivela la sua essenza diabolica”. 
1340, Bibbia Angioina
1340, Angioina Bible
Oltre a rilevare l’assenza di iconografie che mostrino donne indossare il cappello con sotto il cappuccio (a meno che con “cappuccio” non si intenda il mantello con cappuccio), forse sembra eccessiva la critica di questo accessorio nel commento della Pisetzky: la scena in analisi sicuramente mostra una donna mostruosa, ma non credo che questo carattere “demoniaco” sia proprio del cappello, dal momento che in tutte le altre scene risulta privo di ogni connotazione negativa.
Non ho resistito all’idea di realizzare una tabella per illustrare i risultati della ricerca iconografica che ho compiuto, certo non esaustiva ma svolta su numerose fonti italiane, francesi e inglesi. 
Una fonte particolarmente interessante sono stati gli “avori gotici”, visibili su questo sito: Gothic Ivories  (se siete interessati a visionare in dettaglio le schede e le foto in alta risoluzione degli avori che ho qui analizzato, vi basterà inserire nel motore di ricerca il numero di inventario nella barra di ricerca), ma anche tra le opere d’arte italiane prodotte tra gli anni ’40 e la fine del Trecento sono emerse ulteriori significative attestazioni. 

Le scene in cui sono inserite queste donne con cappello risultano di due tipi.
* Le scene di caccia, che risultano essere la maggioranza (14/19). Essendo un tema legato alla rappresentazione dell’amore cortese, è molto ben documentato dalla serie degli avori gotici, di produzione francese e risalenti prevalentemente alla prima metà del XIV secolo. Altre scene di caccia sono rappresentate nel noto ciclo degli “Affreschi del buon governo” dipinto a Siena da Ambrogio Lorenzetti, in cui, nell’allegoria del buon governo in campagna, è posta in primo piano una dama con il cappello. Negli affreschi del Camposanto di Pisa, sempre risalenti alla prima metà del XIV secolo, compaiono vicine 2 donne con il cappello, accanto alle quali è possibile vedere uomini con i falchi. 
1380, Agnolo Gaddi, Storie della Vera Croce, Firenze
1380, Agnolo Gaddi, discovery of the True Cross
* Le scene di viaggio. Meno rappresentate, ma comunque significative, sono le donne in viaggio: negli affreschi di San Gimignano, opera di Bartolo di Fredi, compare due volte Lot (in groppa a un cammello) con il cappello a punta, mentre un’altra donna lo indossa nella scena dell’attraversamento del Mar Rosso. Anche la “bella ignota” della Pisetzsky può essere considerata una donna in viaggio. Molto diversa da questo personaggio, eppure abbigliata in modo simile, risulta la regina Elena, raffigurata di una bellezza immortale da Agnolo Gaddi nella Chiesa di S. Croce, a Firenze: Elena, giunta fino in Terrrasanta per ritrovare la croce di Cristo, può ragionevolmente essere rappresentata come una viaggiatrice (o eventualmente una pellegrina). Se questo cappello è dunque attributo della regina Elena, risulta difficile pensare che possa di per sè presentare una connotazione negativa o troppo mascolina se indossato da una donna.Il cappello a punta ha probabilmente la forte funzione pratica di riparare dal sole e dalla pioggia, ed è dunque sempre associato a momenti di vita all’aria aperta, in particolare alla caccia e al viaggio: infatti non sono mai raffigurate donne di città o di campagna che lo indossano nello svolgimento delle mansioni quotidiane, nè tantomeno sembra fosse indossato da donne nobili o facoltose in occasioni mondane, in cui probabilmente erano preferite acconciature arricchite da pietre preziose o costosi veli di seta.

- The bycocket in female’s garb


What can we say about women using bycocket? From what came to light from iconography and previous studies, it seems likely that this hat was used by women only in clear-cut circumstances. The only analysis I could find in a book about history of costume was by R. L. Pisetzky (Storia del Costume in Italia, vol. II, 1964-69, p. 118) who says about female hats: 

1367, Bartolo di Fredi, Attraversamento del Mar Rosso
1367, Bartolo di Fredi, Crossing of the Red Sea, 
“Often, over the hood, when it’s not lined in fur, and also with other hairdressings, women, like men, wear the heavy hat with lifted-up brims when travelling or hunting”. 
She talks again of this hat in the illustrated table 54 and comments the fresco from Pisa of the “Anacoreti della Tebaide”: 
“the rude oddity of the masculine hat, with a high calotte and lifted-up brims – used also by women, usually when travelling or horse-riding – gains an ambiguous appeal, together with the transparent wimple, worn by the beautiful stranger who, in her tantalizing gaze even more than in her claws, reveals her diabolic essence”. 
1336-40, Buffalmacco,  trionfo della morte,
 1336-40, Buffalmacco, Triumph of Death. Pisa
I have to underline I wasn’t able to find any source showing women wearing hoods with the bycocket (unless with “hood” is meant a cloack with a hood) and I would also like to point out that in her comment Pisetzky seems to criticize too much this hat: in the analyzed scene the woman surely has monstrous features, but I don’t think the hat itself has any diabolic meaning, since in all other scenes it lacks of any negative characteristic. 

I couldn’t help myself and I had to make a table to show the results of my iconographical research: I can’t say I have seen all the possible sources, but I’ve been through quite a lot if Italian, French and English representations. You can see the table here.
London, The British Museum
1878,1101.40
A very interesting source are the gothic ivories, collected on this website: Gothic Ivories (if you wish to see more details or the high-quality pictures of the ivories I analyzed, you can just insert their inventory number in the “search” line), but I found other interesting depictions also amongst Italian sources from the 1340s to the end of the century.
The scenes where women wear pointed hats are of two kinds:
- Hunting scenes (14/19). Since hunt is a theme strongly connected to courtly love, it’s very well attested in the gothic ivories, carved in France in the first half of the 14th century. Other hunting scenes can be found in the “Frescoes of the good government” by Ambrogio Lorenzetti, where a lady with a pointed hat is portrayed in the allegory of good government in the countryside. Also in the frescoes from the Camposanto of Pisa (first half of 14th century) 2 women with bycocket are represented together with men holding hawks. 
1367, Bartolo di Fredi, Abramo e Lot si separano
nella terra di Cana,
1367, Bartolo di Fredi, Abraham and Lot separate
in the Land of Canaan'
- Travel scenes (5/19). Travelling women are less represented but very significant: in the frescoes by Bartolo di Fredi Lot appears twice (riding a camel) with the bycocket, while it’s worn by a different woman in the crossing of the Red Sea. Also the “beautiful stranger” described by Pisetzsky can be considered a travelling woman: queen Elena, in Agnolo Gaddi’s frescoes about the discovery of the True Cross (Florence, Santa Croce church), is clearly a woman of a completely different kind, but wears similar garments. Saint Elena, who travelled to Jerusalem to find the True Cross, can reasonably be painted as a traveler (or, eventually, as a pilgrim). If this hat is attributed to queen Elena as well, it seems hard to believe bycocket has itself a negative feature or is too masculine to be worn by women. 
The bycocket has a strong practical purpose to protect by sun and rain, and it’s therefore always connected to open-air scenes, mainly travels or hunting: women living in the cities or in the countryside are never represented with this hat while attending their daily tasks, nor it seems likely it was worn my noble or wealthy women in mundane occasions, where elaborate hairstyles and expensive silk veils were probably preferred. 

- Veli e pettinature insieme al cappello a punta
Dalle immagini si può vedere che il cappello a punta è raramente indossato da solo, ma è spesso accompagnato dal velo e/o dal soggolo, che insieme al cappello offrono una protezione ottimale dagli agenti atmosferici, possono riparare dalla polvere e rappresentano comunque un tocco di femminilità. Tra i diversi “outfit” rappresentati nelle immagini, ho scelto i 3 che preferisco di cui proporre la ricostruzione. 
-  Veils and hairstyles with the bycocket
From the sources it’s possible to see that the pointed hat is rarely worn alone, but it’s often worn with a veil and/or wimple, that together with the hat offer a perfect protection from sun, rain and dust and, nonetheless, give the outfit a touch of femininity. 
I chose my 3 favorite outfits to reproduce. 

Stile 1: L’allegoria del buon governo (trecce)
1344, Ambrogio Lorenzetti, Affreschi del buon governo,Siena 
Style 1: The Good Government (braids)
1344, Ambrogio Lorenzetti, Good government, Siena


La donna di questo celebre affresco è l’unica che ho trovato che non indossa nè il velo nè il soggolo. Ipotizzando una pettinatura simmetrica, così frequente in tante fonti coeve, la donna porta i capelli raccolti in due trecce, che sembrano essere fatte a partire dalla nuca (non dalle tempie), portate in avanti sulle orecchie, ai lati del viso, e probabilmente fissate sulla testa, sotto il cappello (suggerimento: le trecce possono essere fissate “cucendole” con un ago grosso e del filo di lana direttamente ai capelli sottostanti).
Note: Nel caso non si volesse indossare il velo, questa pettinatura è l’unica attestata abbinata al cappello a punta: i capelli sciolti, una treccia che ricade sulla schiena o una treccia che scende sulla spalla sono forse pettinature che sposano meglio il gusto moderno ma non sono mai attestate, anche perché potrebbero essere poco pratiche durante la caccia o il viaggio. 

This woman is the only one I could find who doesn’t wear veil or wimple. I suppose she wears a symmetric hairstyle, frequent in many period sources: I think she has 2 plaits that look like starting from the nape (not from the temples), pulled ahead over the ears, framing the face. They may be fastened on top of the head, under the hat (tip: braids can be sewn directly on the hair with a thick blunt needle and some wool thread). 
Note: In case you don’t want to wear a veil, this hairstyle is the only one attested together with the pointed hat: untied hair or a single braid over the back or over the shoulder can maybe match better modern taste but are not represented in period sources, also because may not be convenient while hunting or travelling.

Stile 2: Il trionfo della morte (trecce, velo, soggolo)1336-40, Buffalmacco, Trionfo della morte, Pisa
Style 2: The Triumph of Death (braids, veil, wimple)
1336-40, Buffalmacco, Triumph of Death, Pisa


Questa combinazione presenta sicuramente un’ottima protezione da pioggia, vento e sole. I capelli si intravedono appena sotto il velo: ho iniziato perciò facendo due trecce che partono dalle tempie (possono partire anche dalla nuca, ma io trovo più comoda questa soluzione) e le ho fissate dietro la testa. Da questo punto in poi, è possibile seguire il tutorial di Neulakko (tralasciando le trecce finte, se non le avete). Anche io ho indossato la mia cuffia di S. Brigida, elemento fondamentale a cui attaccare i veli: ho poi indossato il soggolo (il mio è un rettangolo di lino di circa 80cmx60cm) ripiegandolo leggermente sotto il mento, andando poi a fissarlo con 2 spilli dietro la testa e tirandolo un po’, dal momento che tende a cedere. A questo punto ho indossato il velo vero e proprio (il mio è un rettangolo leggermente stondato di circa 100cmx70cm, ma consiglio la forma a semicerchio), fissandolo alla cuffia con uno spillo al centro della fronte: si possono aggiungere con altri 2 spilli all’altezza delle tempie e ripiegare leggermente la stoffa per farlo aderire meglio al viso o tenerlo più libero e metterlo in posizione semplicemente con il cappello. 
Note: In molti casi in cui al cappello sono abbinati velo e soggolo i capelli non sono visibili, per cui è difficile stabilire quale sia l’acconciatura sottostante, anche se spesso sembra che si possa intuire la presenza delle due trecce sotto il velo. In alcuni casi, in particolare negli avori, i capelli sono rappresentati come delle piccole “onde” che non indicano una pettinatura precisa, ma ritengo sia comunque da escludere l’ipotesi che i capelli siano portati sciolti sotto al velo, dal momento che questa soluzione non compare mai nemmeno in altri contesti: potrebbero forse essere delle piccole ciocche sfuggenti. 
Al posto del soggolo di lino, se ne può indossare uno di seta per uno stile simile a quello di Sant’Elena negli affreschi di Santa Croce di Agnolo Gaddi. 


This combination offers a very good protection from sun, rain and wind. The hair are barely visible under the veil, so I started making 2 braids starting from the temples (they can start from the nape as well, but I find the first solution more comfortable) and I fastened them behind the head. From now on, you can find Neulakko’s tutorial  (skip fake braids if you don’t have). I wore my Saint Brigit’s cap and then the wimple (mine is a linen rectangle, 80cmx60cm), folding it a bit under the chin and pinning it behind the head: pull it well since it loosens a bit. At this point I put on the veil (a linen rectangle with rounded edges, 100cmx70cm: choose a half-circle shape if you can), pinning it to the cap with a pin in the center of the forehead: you can add 2 more pins over the temples and fold the fabric a bit or you can just put it in place with the hat.
Note: Often it’s impossible to see the hair when women wear the veil and wimple, so it’s hard to tell what’s the hairstyle: sometimes it looks like there are the 2 braids under the veil. In some ivories the hair are represented as little waves that may not represent a true hairstyle: I don’t think the hair are untied under the veil, since this solution is never visible in other pictures, and I believe they may be curly locks left outside the braids.
Instead of linen wimple, it’s possible to wear a silk wimple for a style closer to Saint Elena in the frescoes of Santa Croce by Agnolo Gaddi.


Stile 3: La straniera degli “Anacoreti nella Tebaide” (trecce, soggolo trasparente)
1336-41, Buffalmacco, Anacoreti nella Tebaide, Pisa

Style 3: The stranger from the “Anacoreti nella Tebaide” (braids, transparent wimple)





In alcune delle fonti, balza all’occhio la trasparenza del soggolo: è il caso degli affreschi di Bartolo di Fredi a San Gimignano o della “bella ignota” degli affreschi del Camposanto di Pisa. La mia interpretazione è che questi soggoli trasparenti siano veli di seta, portati con le trecce ai lati del viso: in mancanza di una cuffia a cui fissare il soggolo, l’ho fermato con uno spillo direttamente alle trecce, nel punto in cui sono cucite sopra la nuca. Per coprire meglio la parte posteriore del collo, si possono fermare le due estremità del velo con uno spillo: in questo modo risulterà anche più aderente al collo sulla parte anteriore.  Come soggolo ho usato il velo di seta, che è 80cmx60cm. 


In some sources, the transparent wimple is striking, like in the frescoes by Bartolo di Fredi or in the depiction of the “beautiful stranger” in the frescoes from the Camposanto of Pisa: my interpretation is that these wimples are made of silk and are usually worn with braids. Since there is not the cap to fasten the veil to, I pinned it directly to the braids, where they are sewn over the nape. To cover better the back part of the neck, you can fasten the edges of the veil with a pin: this way it will be more adherent to the front part. My wimple was my silk veil, a half-circle which measures 80cmx60cm.

venerdì 21 novembre 2014

Workshop di cucito medievale con Maria Neijman e Mervi Pasanen

Sono molto felice di poter annunciare ufficialmente che il 7-8 febbraio si svolgerà a Imola, la mia città, un corso di cucito medievale incentrato sul XIV secolo, tenuto da due insegnanti d'eccezione, rievocatrici e studiose di tessili e abbigliamento medievale: Maria Neijman (Svezia), Consulente tessile, collaboratrice del Museo Medievale di Stoccolma e organizzatrice dell'evento Battle of Wisby 1361 e Mervi Pasanen (Finlandia), Maestra artigiana specializzata in abbigliamento medievale. Trovate tutte le informazioni nella locandina dell'evento: le iscrizioni sono aperte, non esitate a contattarmi a tacuinum.medievale[at]gmail.com per ulteriori informazioni o per iscrivervi! 
Questo fine settimana (22-23 novembre) mi trovate inoltre alla fiera "Usi e Costumi" a Ferrara presso il banchetto del mio gruppo, Civitas Alidosiana. 


Se volete conoscere meglio le insegnanti:
Maria Neijman
indemejarecristi.wordpress.com 
http://www.battleofwisby.com/
l'intervista a Maria per le "Campfire Chats"







giovedì 13 novembre 2014

Campfire chats - Anna Lindemark




Siamo partite dall'Italia, siamo arrivate fino alla Finlandia e ora siamo in Svezia per concludere questa serie di "Campfire Chats": ci siamo conosciute meglio, abbiamo condiviso le nostre esperienze e spero che, per quanto piccola, questa iniziativa possa essere un punto di partenza per creare legami sempre più forti e poter costruire qualcosa di più grande tutte insieme.
We started from Italy, we reached Finland and now we're in Sweden to close this "Campfire Chats" serie: we've come to know each other best, we shared our stories and I hope these little chats could be a good starting point to create stronger connections among us and to build something bigger all together.


Sono entrata in contatto con Anna quando ho mandato la prima e-mail per chiedere di partecipare a Battle of Wisby: da subito Anna è stata disponibile nel rispondere ai nostri dubbi, e presto abbiamo iniziato a chiacchierare del più e del meno nell'attesa di poterci finalmente incontrare di persona. A Visby abbiamo avuto occasione di chiacchierare, ma abbiamo ancora in sospeso un giro di shopping insieme... spero che capiterà presto l'occasione! Grazie per aver partecipato con tanto entusiasmo! Questo è il blog di Anna: Jungfruburen

I got in touch with Anna when I sent the first e-mail to ask if we could partecipate to Battle of Wisby: Anna was immediately very helpful answering our questions, and we soon started chatting about us, waiting to meet each other in person. In Wisby we had a chance to talk, but we still have to go shopping together, and I hope there will be a good occasion soon! Thank you for partecipating to the "Campfire chats" with such an enthusiasm! 
Don't miss her blog: Jungfruburen. [English follows]

1. Di che periodo/i ti occupi e di che gruppo/i fai parte?
Mi concentro sul periodo 1361-1415, e su un periodo in un certo senso meno specifico per la rievocazione vichinga. Faccio parte della Albrechts Bössor 1364-1412 (artiglieri del re Albrecht di Meclemburgo) e del gruppo Battle of Wisby 1361. A volte partecipo a qualche evento anche con il gruppo Elvegrimarne, che si occupa di rievocazione vichinga e ha sede a Gothenburg.

2. Da quanto tempo fai rievocazione storica e come è nata questa passione?
Sono stata coinvolta nel LARP tra il 1996 e il 2001, ma dopo mi sono presa una pausa per dedicarmi ad altri hobby. La mia storia d’amore con la rievocazione, comunque, è iniziata nel 2007, quando quello che allora era il mio ragazzo venne ad abitare con me e trovai un orribile – ma interessante – paio di braghe del XVI secolo mentre lo aiutavo a disfare gli scatoloni. “Tesoro, c’è qualcosa che vuoi dirmi?” Lui ormai stava abbandonando questo hobby, ma io vi sono stata selvaggiamente risucchiata. Sento che ho finalmente un hobby che combina molti degli elementi che ricerco nel mio tempo libero: attività artigianali - principalmente legate a fibre tessili -, socializzazione (ma con un robusto filtro che mi salva dal dover sostenere noiose conversazioni a proposito di argomenti di tutti i giorni insignificanti), studio, una punta di violenza, un po’ di tempo trascorso in modo non impegnativo all’aria aperta, una scusa per accumulare materiali, una pratica alternativa agli antidepressivi (filare) e il profumo della legna che brucia. Ma la vera scintilla, e la principale motivazione per proseguire in questo hobby così nerd, disperatamente poco pratico, costoso, scomodo e difficile da spiegare è il desiderio di provare la stessa sensazione che sperimentai l’estate in cui avevo 12 anni, e vidi due turisti tedeschi vestiti da barbari in un ristorante di Visby. “Voglio farlo anche io!”. Agisco continuamente in base a questo impulso.

3. Di che attività di occupi principalmente in rievocazione e quali sono i tuoi maggiori interessi?
Sono principalmente interessata nell’artigianato, e, dal momento che non ho una vera e propria istruzione formale in questo campo, sento che ho molto da imparare, sempre. Adoro imparare nuove attività in questo ambito, e sono molto grata ai miei amici e insegnanti “ufficiosi”, verso i quali ho un debito così grande. L’artigianato tessile è davvero l’attività che mi spinge avanti, mi mi piace anche combattere, la calligrafia, tingere con le piante e costruire fusi in modo sperimentale.

4. Che ne pensi della situazione della rievocazione nel tuo Paese?
La Svezia è scarsamente popolata, e per questo ci manca la possibilità di organizzare eventi in larga scala con la facilità che hanno gli altri, dal momento che, proporzionalmente, noi siamo pochi. Inoltre, ci sono pochi veri luoghi medievali di incontro per noi e spesso ci sistemiamo in un ambiente un po’ meno compatibile storicamente, che è un po’ una vergogna. Tra gli aspetti positivi, c’è da dire che la Svezia è un Paese relativamente emancipato, dove è largamente accettato che ciacuno faccia quello che vuole nel mondo della rievocazione, a prescindere dal genere, dall’etnia ecc., finché risponde alle specifiche esigenze di correttezza storica. Preferirei avere la libertà di lavorare come voglio con la storia in un gruppo più piccolo che godere del lavoro di squadra in un gruppo più grande di rievocatori in cui potrei essere limitata nelle mie attività da questioni di genere.

5. Pensi che le rievocatrici abbiano un ruolo significativo in questo ambiente?
Sì! La mia risposta spontanea a questa domanda è: “cosa?!” perché preferirei non capirla nemmeno, anche se so esattamente perché è tristemente necessaria. La Scandinavia ha una posizione diversa sulle questioni di genere, rispetto a molti altri Paesi, e mi dispiace dirlo, ma è spesso deprimente uscire da questa bolla e trovarsi faccia a faccia un un patriarcato anormale e datato, che spesso dichiara che la sua struttura sociale esista per “proteggere” le donne. Sono furiosa e sconvolta quando sento che ci sono gruppi che non permettono alle loro donne di combattere. Sono stanca e sprezzante quando sento di gruppi in cui le donne sono membri di second’ordine e servono come unità di servizio: mi dispiace per tutti quelli che sono coinvolti. Ma questo non è il luogo adatto per fare una predica completa, scusami Anna! Credo fermamente che tutti siano necessari, con rispetto reciproco, prescindendo totalmente dal sesso. Un esempio: in Svezia sarebbero pochissimi a mettere in discussione la presenza di rievocatrici combattenti. Piuttosto, si va a un evento come un “foglio bianco” e poi decidi cosa ti interessa, e cosa ti interessa fare all’interno di questo hobby. Credo che questo sia un beneficio per tutti. C’è una pressione molto piccola o inesistente sugli uomini affinchè combattano, che li lascia liberi di specializzarsi in una certa attività artigianale, cucinare il proprio cibo o cucire i propri vestiti come ogni individuo capace e indipendente dovrebbe fare, e non ci sono particolari restrizioni per le donne per il solo fatto che sono donne. Ognuno vince!

6. Quali sono i tuoi progetti futuri?
Imparare, e non smettere mai di imparare! Ci sono cose da imparare sufficienti per riempire numerose vite. E, se posso, insegnare a mia volta agli altri che desiderano realizzare cose belle e crescere in questo incredibile campo. La storia siamo noi, e credo che possiamo migliorarci se la comprendiamo, forse anche meglio se con un approccio concreto. La living history è anche azione, e praticarla mi rende più entusiasta di qualsiasi altra cosa (quasi). Inoltre, i miei piani per il futuro includono liberarmi di tutta la sporcizia della lana di pecora nel mio armadio, finire le maledette asole sul vestito viola, costringere i miei figli a soffrire attraverso una crescita imbarazzante come bambini rievocatori, e convincere finalmente quel papà turista che il nostro fuoco da campo era davvero reale e che la sua carrozzina stava andando a fuoco. 


***

1.Which period(s) do you work on and what group(s) do you belong to? 
I focus on the period 1361-1415, and on somewhat more loosely determined viking reenactment. I belong to Albrechts Bössor 1364-1412 (Gunners of King Albrecht of Mecklenburg), and to Battle of Wisby 1361. I am also a hangaround of the Elvegrimarne, a viking group based in Gothenburg. 

2. How long have you been re-enacting and how did this passion start? 
I was involved in LARPing between 1996 and 2001, after which I took a break to focus on other hobbies. My love affair with reenactment, however, started out in 2007 when my then boyfriend moved in with me, and I found a pair of interestingly offensive 16th century pants among his things as I helped him unpack. “Honey, is there something you wish to tell me?” He was on his way out of the hobby, but I got fiercely sucked in. I feel that I have finally found a hobby that combines most of the elements I wish for in my spare time; crafting – mainly within fiber arts, socializing (albeit with a firm filter that saves me from putting up with boring conversations about mundane shit), studying, a streak of violence, undemanding outdoor slacking, an excuse for hoarding, a practical alternative to antidepressants (spinning) and the smell of woodsmoke. But the real spark, and main motivation to pursue this nerdy, hopelessly impractical, expensive, unwieldy and difficult-to-explain hobby is to feel what I felt the summer when I was 12 years old, and spotted two German tourists dressed up as barbarians in a restaurant in Visby. “I want to do that, too!” I am still constantly acting on that impulse. 

3. What kind of activity do you attend most in re-enactment and what are your major interests? 
I’m mainly interested in crafting, and since I have no formal education in that field, I feel I have a lot to learn, always. I love learning new things within this particular field, and feel the most profound gratitude toward my friends and informal teachers, to whom I am so deeply indebted. Textile crafts is what makes me really tick, but I also enjoy fighting, calligraphy, plant dyeing and experimental spindle making. 
4. What do you think about the re-enacting situation in your country? 
Sweden is sparsely populated, and so we lack the continental possibilities to arrange large-scale events with the same ease as others, since there are comparatively few of us. Additionally, there are few authentic medieval venues available to reenactors here, and we often settle for a less authentic environment, which is a bit of a shame. On the bright side, Sweden is a relatively emancipated country, where it is widely accepted that everybody does what they please within reenactment, regardless of gender, ethnicity etc – as long as it adheres to local demands on period authenticity. I would rather have the freedom to work with history as I choose in a smaller group, than enjoy the synergy effect of a larger reenactment community while at the same time being limited by gender-related issues. 

5. Do you think female re-enactors have a significant role?
I do. My spontaneous answer to this question is “What??” because I would like to not even understand it, though I know exactly why it is sadly necessary. Scandinavia has a different take on gender issues than most other countries, and I am sorry to say that it is often depressing to go outside that bubble and confront the effects of a dysfunctional, outdated patriarchy, that often claims that its social structure is there to “protect” women. I am furious and devastated when I hear that there are groups that won’t let their women fight. I get tired and bored and utterly contemptuous when I hear of groups where women function as second-rate members and service units. I feel sorry for everybody involved. But this is not the place to preach in full, sorry Anna! I do believe that everybody is needed – in equal respects, completely regardless of their sex. One example: in Sweden, very few people would question the presence of female reenactment fighters. Rather, you come to the event as a “blank” and then decide what interests you, and what you wish to make of the hobby. I believe this is beneficial to everybody. There is little or no social pressure on men to fight, which leaves them free to specialize in a certain craft, cook their own food and sew their own clothes as any skilled, independent individual should, and there are no particular restrictions on women solely because they are women. Everybody wins.  

6. What are your plans for the future?
To learn, and to never stop learning! There are innumerable lifetimes’ worth of knowledge to be had. And if I can, to teach, in turn, others who wish to make beautiful things and expand themselves within this amazing field. History is us, and I believe we can better ourselves by understanding it, perhaps all the more so by this hands-on approach. Living history is an action, too. Its practices makes me more enthusiastic than almost anything else. Also, my future plans include getting rid of all the clumps of shit in the sheep’s wool in my closet, to finish the damn buttonholes on the purple dress, to force my kids to suffer through an embarrassing upbringing as reenactor children, and to finally convince that tourist dad that our campfire was really real, and that his pram was on fire. 



giovedì 30 ottobre 2014

Campfire chats - Maria Neijman


Torniamo fuori dall'Italia, lontano, a Nord, fino in Svezia... / We're leaving Italy again: far North, until we reach Sweden...



Ho scoperto chi è Maria nel 2013, quando mi sono imbattuta per la prima volta in questo video The Reenactors - A documentary about medieval re-enactors, che racconta come Maria e suo marito Thomas hanno organizzato nel 2011 la rievocazione della battaglia di Visby in occasione dell'anniversario dei 650 anni. Mentre nel video vedevo Maria tingere la stoffa di un vestito con la cocciniglia, nella cucina di casa sua, e cucire insieme a Thomas sul divano, ho iniziato a rendermi conto che alla fine, da qualche parte nel mondo, c'era qualcuno che viveva la rievocazione come anche io avrei voluto, ma che non osavo fare per paura di sentirmi dire che ero "esagerata". Quella settimana a Visby ha cambiato completamente il mio modo di vedere la rievocazione, dandomi la motivazione a impegnarmi al massimo per mantenere il più alta possibile la fedeltà ricostruttiva di quello che faccio, senza scorciatoie. Sarò sempre grata a Maria per l'ispirazione che mi ha dato e sono davvero felice che abbia partecipato anche lei alle Campfire Chats. 
Link al blog di Maria: In deme Jare Cristi.

I found out who Maria is in 2013, when I stumbled upon this video The Reenactors - A documentary about medieval re-enactors about Maria and her husband Thomas organizing in 2011 the re-enactment of the Battle of Wisby because of the 650th anniversary. While I was watching Maria dyeing some fabric with cochenille in her home-kitchen and sewing with Thomas on their sofa, I started to realize that actually there was someone, in the world, who was living re-enactment and living history just the way I wanted to do myself, but I didn't dare to because I was afraid to be told I was "going too far". That week in Visby changer everything I knew about re-enactment, giving me the motivation I needed to work hard to keep a high standard in reconstructions, without shortcuts. I will always be grateful to Maria for her inspiration and I'm really happy she took part to the Campfire Chats. [English Follows]
Maria's blog: 
In deme Jare Cristi




1. Di che periodo/i ti occupi e di che gruppo/i fai parte?
Il period di cui mi occupo è quello che va dal 1361 al 1415. Faccio parte dei seguenti gruppi: Albrechts Bössor 1364-1412 (artiglieri del re Albrecht di Meclenburgo), Fraternis Militia Carnis 1364-1412 (Fratellanza Militare di Carnis), Battle of Wisby 1361.
2. Da quanto tempo fai rievocazione storica e come è nata questa passione?
Ho iniziato nel 1994 all’interno della comunità svedese di LARPers (giocatori di ruolo dal vivo) e sono stata coinvolta nello SCA (Society for Creative Anacronism) nel 1997. Mi sono fermata nel 2001, poi ho ricominciato con la rievocazione storica nel 2007. Sono sempre stata molto interessata alla storia, ma devo ammettere che sono state le attività artigianali a coinvolgermi. Ho iniziato la mia educazione alle arti tessili nel 1994: ho studiato per 5 anni poter diventare insegnante e consulente tessile [in Svezia i consulenti tessili contribuiscono ad allestire mostre, organizzare laboratori e corsi e aiutano gli artigiani a scegliere cosa produrre nei loro negozi. In ognuna delle 60 contee esiste un consulente per le arti tessili e uno per lavorazione del legno e i metalli: il loro lavoro è assicurarsi che avvenga tramite dei corsi la diffusione delle arti tradizionali e l’introduzione di nuove.]
3. Di che attività di occupi principalmente in rievocazione e quali sono i tuoi maggiori interessi?
La realtà rievocativa di oggi è prevalentemente centrata sulle battaglie. In questi casi, rievoco la moglie di un cavaliere. In ogni caso, il mio maggiore interesse è l’artigianato: realizzare e imparare cose nuove e insegnare agli altri. Mi piacciono le battaglie ma mi sento sempre messa un po’ da parte perchè non combatto io stessa.
4. Che ne pensi della situazione della rievocazione nel tuo Paese?
In Svezia, la rievocazione è ancora una cosa nuova e sono stata fortunate a essere io a fissare un po’ l’agenda. Questo significa che cerco di far sentire importanti tutte le persone che partecipano a un evento: donne, uomini, combattenti, artigiani, bambini e così via. A dire il vero preferisco il termine “living history”- altrimenti è semplicemente un focus sul combattimento e le battaglie.
5. Pensi che le rievocatrici abbiano un ruolo significativo in questo ambiente?
Siamo di più che cuoche e sarte! Senza le donne, la storia sarebbe solo la metà di quello che è ora. Oggi, spesso offriamo un “servizio di base”: cuciniamo per i nostri uomini mentre loro combattono, realizziamo per loro i vestiti se non li sanno cucire da soli. Fortunatamente, l’artigianato tessile è un insegnamento obbligatorio in Svezia e i maschi lo studiano tanto quanto le femmine [a partire dall’età di 8 anni], così gli uomini non possono sostenere di non essere in grado di fare da soli i loro vestiti.
6. Quali sono i tuoi progetti futuri?
Insegnare alle persone che la storia non è solo guerra e morte. È piena di aspetti luminosi e felici, come la danza, le arti, il cibo, la religione (sono atea, ma sono comunque interessata a studiare come la religione ha permeato ogni aspetto della società), l’arte e persone con una loro storia personale. Vorrei organizzare più eventi come Battle of Visby 1361 e assicurarmi che le donne abbiano uno spazio tutto dedicato a loro. Sono una femminista, e credo che sia necessario che noi portiamo sotto i riflettori la storia delle donne, e che la mostriamo in una luce diversa. Non eravamo solo una istituzione di supporto agli uomini. Avevamo un nostro proprio valore, come ora. Al momento sto organizzando il mio viaggio per Azincourt 1415 per la prossima estate. Spero di vedervi là! 

Non è finita qui! Tra due settimane, non perdetevi l'ultima Campfire Chat con Anna Lindemark!


***
1. Which period(s) do you work on and what group(s) do you belong to?
My main focus is on the period 1361- 1415. I belong to the following groups: 
Albrechts Bössor 1364-1412 (Gunners of King Albrecht of Mecklenburg). 
Fraternis Militia Carnis  1364-1412 (Military Brotherhood of Carnis)
2. How long have you been re-enacting and how did this passion start? 
I started out within the Swedish LARPing community in 1994, and got involved in  the SCA in 1997. Took a break in 2001, and then began re-enacting in 2007. 
I’ve always been very interested in history, but I have to say it was the crafts that pulled me in. I began my first textile education 1994 and I have been studying textiles and craft leadership for 5 years. I’ve studied to become a crafts consultant.
3. What kind of activity do you attend most in re-enactment and what are your major interests? 
The reenactment scene today is mainly centered on battles. In those cases, I re-enact a knight’s wife. However, my major interest is actually crafts. To make things, to learn more, and to teach other people. I like battles but I always feel a bit “ left out” because I’m not fighting myself.
4. What do you think about the re-enacting situation in your country?
In Sweden, reenactment is still a new thing and I have been fortunate to be able to set the agenda a bit. That means I try to make all the people participating in an event important. Women, men, fighters, craftsmen, children and so on. I actually prefer the term “living history” - otherwise it’s just focus on the fighting bit.
5. Do you think female re-enactors have a significant role?
We are more than just cooks and seamstresses!! Without women history would be only half of what it is now. Today, we are often providing “ground service”; we cook for our men when they are fighting; we supply them with clothes if they can’t sew themselves. Fortunately, textile crafts is a mandatory school Subject in Sweden, and boys study it to the same extent as girls, so they really cannot claim that they’re unable to make their own clothes.
6. What are your plans for the future?

To teach people that history is more than just war and death. It is full of bright and happy things like dance, crafts, food, religion (I’m an atheist, but still interested in how religion has permeated all of society), art and people with a history of their own. 
I would like to arrange more events like Battle of Wisby 1361, and make sure that women are given an arena of their own. I’m a feminist, and I belive that we need to bring women’s history into the spotlight, and show it in a different light. We were not just a service institution to men. We had a value of our own, just as we do now. 
I’m currently making plans for my trip to Azincourt 1415, for the next summer. Hope to see you there!


News! This is not the end! Don't miss the last Campfire Chat with Anna Lindemark!

mercoledì 22 ottobre 2014

Una borsetta ricamata con il brick stitch / Brick stitch purse

La borsina finita: circa 9x11 cm più 3cm di nappine. /
The finished purse: 9x11 cm plus 3cm of tassels.
Si ritorna al brick stitch, ma stavolta si fa sul serio.
Il brick stitch è un ricamo tipicamente tedesco, arrivato anche in altre zone, quali ad esempio Belgio e Svizzera, ma forse anche in Spagna , utilizzato tra il XIV e il XV secolo per decorare borsine, reliquiari e anche manufatti più grandi, quali ad esempio drappi ricamati con scene religiose utilizzati in conventi e chiese. Il punto è di esecuzione piuttosto semplice: si tratta di un tipo di ricamo contato in cui i punti vengono applicati, sempre verticalmente, uno accanto all’altro e permette di realizzare prevalentemente motivi geometrici. In Italia non mi risulta sia attestata la produzione di questo tipo di ricamo o il ritrovamento di qualche reperto, ma non era insolito che piccoli oggetti preziosi venissero importati anche da lontano (come le “burse franzische”, borsette francesi, spesso menzionate negli inventari).
Lo schema che ho utilizzato è questo : è stato ricavato da una tappezzeria prodotta probabilmente in Sassonia intorno al 1400. Le dimensioni della mia borsina sono 9 x 11cm circa + 3 cm di nappine e rispecchiano quelle piuttosto ridotte di diversi reperti.
L'inizio del ricamo. / The beginning of the embroidery. 
Materiali utilizzati
- Supporto per il lavoro: telaio quadrato di legno. Qui in un mio vecchio post e qui su Historisk Garderob potete trovare qualche attestazione di telai.
- Lino per il ricamo contato, con 11-12 fili per centimetro, 2 pezzi di circa 15x15 cm.
- Lino azzurro pallido per la fodera: 2 pezzi di circa10x13 cm.
- Seta a filamento proveniente da Devere Yarns, 1200 denier (60 fili) per il ricamo e per la copertura decorativa delle cuciture. I colori sono: Midnight (40) per il blu, Beeswax (55) per il giallo e Glace (67) per il rosso. Nel mio caso, sono serviti 2 rocchetti da 25m del colore principale (il blu) per completare la borsa, mentre per gli altri colori è stato sufficiente 1 solo rocchetto. 
Due parole sulla scelta dei materiali. Non esitate a scegliere la seta per i vostri ricami: su Medieval Silkwork Isis Sturtewagen spiega perché la seta “a filamento”, non ritorta, è il materiale giusto per questo tipo di riproduzione. Il costo dei filati di Devere Yarns non è così alto da spingere a optare per dei ripieghi: 25 metri costano meno di 2,50 euro, i colori sono tantissimi e trovarne di compatibili con i colori documentabili nel medioevo non è difficile. Non avete scuse: il segreto è trovare un’amica rievocatrice che voglia di fare un ordine e dividere con voi le spese di spedizione, e fidatevi, non farete fatica a trovarla!
- Filo di lino blu 33/2 per cucire la fodera
- Filo di seta giallo molto fine per la copertura decorativa delle cuciture. 
- Filo da asole di seta 24/3 giallo per intrecciare i cordini e per le nappe gialle
- Filo di seta blu 70/3 per le nappine
- Tempo: ho calcolato approssimativamente che per l’intero lavoro ho impiegato almeno 45 ore.
A questo punto della seconda metà della borsa ho finito il
primo rocchetto. / At this point of the second piece of the bag
I finished the first 25m of blue silk. 
Procedimento
Dopo aver scelto le dimensioni della borsa, ho tagliato i due pezzi di lino per il ricamo contato e ho messo il primo sul telaio. Ho iniziato il ricamo facendo una piccola prova con tutti i colori, poi ho continuato procedendo sulle linee orizzontali del disegno, cercando di utilizzare fili abbastanza lunghi (la lunghezza di un braccio) per rendere il lavoro più resistente. Una volta ultimati i ricami, ho foderato ogni metà singolarmente con il lino azzurro e le ho poi attaccate con una cucitura “a vista”, che ho poi ricoperto con questa tecnica  in cui si utilizzano due fili della stessa tipologia di seta usata per il ricamo (io ho scelto rosso e giallo) e si fanno passare uno dentro l’altro, fissandoli con un terzo filo generalmente più sottile. Questo tipo di finitura è presente anche in alcuni reperti (ad esempio questo): ho eseguito la copertura decorativa sia sulle cuciture laterali che sui bordi inferiori e superiori della borsa. Ho realizzato i laccetti per chiudere la borsa e quello per appenderla alla cintura con un intreccio a due fili e, per concludere, ho realizzato le nappine (qui  potete trovare le istruzioni). 
Siti Utili
MedievalSilkworksito fondamentale, utili in questo caso gli articoli sotto le etichette “pouches” e “embroidery”
* Wymarc.com: potete leggere qui  un articolo sul contesto storico in cui si sviluppa il brick stitch e qui potete trovare qui alcuni schemi per il ricamo e l’analisi dettagliata di alcuni reperti (mi risulta sia l’unico sito ad avere anche schemi sulla struttura complessiva delle borsine.)
* Medieval Crafts: potete trovare sotto l’etichetta “brick stitch numerosi schemi, ricavati non solo dalle borsine esistenti ma anche da alcuni pezzi più grandi, e le immagini di diversi originali e riproduzioni.
* Alcune immagini ravvicinate di reperti qui.
*  La Cotte Simple: articolo sulle borsine “aumoniere con una panoramica generale sulle diverse tipologie esistenti.
Nappine: non hanno un'aria felice? / Tassels: don't they look happy?
***
Back to brick stitch, and this time for real.
Brick stitch is a German embroidery technique that reached also other territories, like Belgium, Switzerland and maybe also SpainIt was used between 14th and 15th century to decorate purses, relic purses and bigger textiles, like hangings used in convents and churches. The stitch is quite simple in its execution: it’s a counted work where stitches lye vertically one close to the other, to realize geometrical figures. I’m not aware of any finding documenting tge production or the import of this kind of embroidery in Italy, but what I can say is that it wasn’t unusual that small, precious items were imported from far countries (like the “French purses” often mentioned in Italian inventories).

The pattern I used is this one: it comes from a hanging probably made in Saxony around the year 1400. The purse is 9x11cm plus 3cm of tassels: its small dimension reflects the size of some findings.
My materials
- As a working tool: a wooden frame. Here  on my previous post and here on Historisk Garderob you can find some more information about medieval frames.
- Evenweave linen for counted embroidery, with 11-12 threads/cm, 2 pieces of 15x15cm.

- Pale light blue linen for the lining: 2 pieces of 10x13cm.
- Filament silk from Devere Yarns, 1200 denier (60 threads) for the embroidery and for the decorative braided seams. The colours I chose are: Midnight (40) for the blue, Beeswax (55) for the yellow and Glace (67) for the red. For my purse I needed more than 25m of the main colour (blue), while 1 bobbin of 25m of lenght was enough for the other colors. 
A couple of words about the materials. Don’t hesitate to choose silk for your embroideries: here on Medieval Silkwork Isis explains why filament silk is the right choice for this kind of reproductions. Devere Yarn’s threads are actually affordable: 25 meters cost less than 2,50 euros, there’s a lot of beautiful colors that can be searched to find the ones more appropriate for the Middle Ages. You have no excuses: the trick is to find a re-enactor friend who wants to place and order with you and share with you the shipping costs, and trust me, you’ll easily find one!
- Blue linen thread 33/2 to sew the lining 
- Thin silk thread for the decorative braided seams
- Yellow buttonhole thread 24/3 to make the strings and for the yellow tassels
- Blue silk thread 70/3 for the tassels
- Time: it took me approx. at least 45 hours to complete the work.
Finitura decorativa sull'apertura. / Decorative braided seam on the opening.
Process
First I decided the approximate dimensions of the purse, I cut the 2 pieces of linen for the counted embroidery and put the first in the frame. I started the embroidery making a small attempt with all the colors I chose, then I continued working on the horizontal lines of the pattern, trying to use quite long threads (a arm’s lenght) to make the work more resistant.

After I finished both pieces, I lined every piece individually with the light blue linen and then I sew the 2 halves with a visible seam. I covered it with this technique: 2 threads of silk (of the same kind you use for the embroidery) are braided one into the other and are sewn to the bag with a thinner thread. This kind of finishing technique is seen also on some findings (like this one): I made the decorative braid on the side seams and on the lower and upper sides of the bag. I made the strings to close the purse and to hang it to the belt with a 2-threads braiding technique and, finally, I cut the tassels and attached them (you can see how to do it here )
Useful websites
Medieval Silkwork:  this is a fundamental website, the most useful articles about purses are under the tags “pouches” and “embroidery”.
*Wymarc.com: you can find here an article about the historical context of brick stitch and here  many embroidery patterns and the detailed analysis of some findings (this is the only place where you will find the details about the construction of the extant pouches, as far as I know)
* Medieval Crafts: under the tag “brick stitch you’ll find many patterns from both extant purses and hangings, together with some pictures of the original findings and reproductions.
Here some detailed close-ups of extant pieces
* La Cotte Simple: article about the “aumoniere” pouches with a general introduction about the different extant shapes.